ANNA e MARIO DEL BIANCO |
Poesia composta da S.TERESA di GESÙ BAMBINO il 7 giugno 1896 per suor San Vincenzo de Paoli, su sua richiesta.
Una poesia più dolce della precedente, un po' malinconica, ma illuminata dal sorriso e piena di confidenza, per rispondere senza dubbio al voto della destinataria suor San Vincenzo de Paoli; Teresa vi rievoca discretamente (e nominatamente), all'inizio e alla fine, la sua "prova della fede". Una prova che lei cerca di minimizzare nell'espressione. Teresa si dà da fare per illudersi coraggiosamente, "cantando ciò che lei vuol credere" (Ms C, 7v).
Lo "sguardo pieno d'amore" di Gesù, il "cuore a cuore" con Lui nella preghiera che si fa intercessione per la Chiesa, "l'unione d'amore" nell'Eucaristia trasformante, la somiglianza "filiale", il "totale abbandono" sul Cuore del Padre, l'abitare della "Trinità Santa" nel cuore amoroso, sono cantati a turno, in alessandrini di bella struttura e saldezza.
Tutto ciò è affermato al presente: "Gesù mi sorride", "posso tutto ottenere", "Il mio dolce Salvatore m'ascolta", "La Trinità Santa... risiede nel mio cuore". La dottrina non cede, nè viene meno la fede, ma la certezza per affermarsi deve trionfare della "prova", "dell'uragano". Il finale ("soffrire nell'attesa che mi guardi ancora") suggerisce a mezza voce il contesto reale entro il quale s'iscrive. I molti tentativi della brutta copia per la prima strofa lo fanno più esplicito col ritornare incessante allo " sguardo", al "sorriso" di Gesù che si nasconde.
Per confortare il suo amore nell'oscurità, S.Teresa dispone di due sussidi potenti: lo zelo apostolico e il totale abbandono del "bambino". Su questi punti, lei vive per prima ciò che consiglierà ad una delle sorelle alle prese con "le chimere della notte" (LT 205).
Continuare verso e contro tutto a "sorridere" a Dio che si nasconde, "raddoppiare le tenerezze"; fargli ogni specie di complimenti; sarà la risposta di Teresa fino all'ultima sera, con quella delicatezza inimitabile, tutta sua propria.
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