Il 6 ottobre 1552 nasceva a
Macerata, da nobile famiglia, Matteo Ricci, che nell'età moderna aprirà per
primo le porte della grande Cina alla Fede e alla Civiltà Cristiana.
Dopo i primi insegnamenti nella propria famiglia, soprattutto a
cura della virtuosa madre, il piccolo Matteo cominciò a frequentare le scuole
nel Collegio dei Gesuiti della città natale. A sedici anni venne inviato dal
padre a Roma per studiarvi Giurisprudenza. A Roma, Matteo avvertì più
insistente la chiamata del Signore. Entrò così il 15 agosto del 1571 nel
noviziato della Compagnia di Gesù, presso la Chiesa di S. Andrea al Quirinale.
Il padre si mise subito in viaggio per Roma per farlo desistere, ma a Tolentino
dopo breve tratto fu colpito da una febbre altissima che gli impedì di
proseguire il viaggio. Interpretò tale fatto come un segno divino e fece sapere
al figlio di conformarsi alla volontà di Dio. Dopo un breve periodo trascorso a
Firenze, Matteo rientrò a Roma per continuare gli studi nel Collegio Romano,
dove per 5 anni si applicò allo studio della retorica, della filosofia, della
fisica, della matematica, dell'astronomia e della cosmografia, sotto la guida
di insigni professori, fra i quali Cristoforo Clavio, riformatore tra l'altro
del Calendario Gregoriano.
Nel 1577 dal Generale dei
Gesuiti furono inviati in Oriente nuovi Missionari, tra i quali vi fu Matteo.
Il 18 maggio dello stesso anno insieme partì per Genova dove salpò per Lisbona,
in attesa di partire per l'Estremo Oriente. Finalmente il 24 marzo 1578 con
altri 13 confratelli salpò da Lisbona diretto a Goa, ove giunse dopo sei mesi
di difficoltosa navigazione, il 13 settembre. A Goa Matteo si applicò allo
studio della Teologia e il 26 luglio del 1580 fu ordinato sacerdote all'età di 28
anni. Due anni dopo ricevette l'ordine di recarsi a Macao sulle coste
meridionali della Cina dove giunse con difficoltà il 7 agosto 1582. Qui
cominciò a studiare il cinese e a formulare i primi passi per
l'evangelizzazione della Cina. Il P. Ruggeri, confratello di P. Matteo, aveva
già fatto tre tentativi infruttuosi per penetrare in Cina. Questa volta il
tentativo dei due Padri ebbe successo. Il 10 settembre 1583 essi misero
finalmente piede a Sciaochin, dove edificarono una piccola dimora in stile europeo,
con una modesta chiesetta. I Padri suscitarono grande curiosità, non solo per
la diversità del loro aspetto, ma soprattutto per la straordinaria integrità
morale e l'osservanza scrupolosa del complicato cerimoniale cinese. Ricevevano
ospiti e illustravano ad essi gli oggetti che avevano portato dall'Occidente:
orologi di vaio tipo, stampe ad olio, mappamondi, libri, strumenti musicali e i
prismi di Venezia. Lo stesso P. Ricci disse che quello era il tempo di parlare
più con le opere che con le parole. Le prime conversioni avvennero verso la
fine del 1583. Il Vice Re di Sciaochin nel 1589, invaghito della casa europea
dei Padri, nel 1589 ordinò ad essi di lasciare la città. I padri, addolorati si
prepararono a lasciare la Cina, ma l'ordine era solo quello di recarsi in
un'altra città. Così P. Matteo approfittò di questa occasione sfavorevole per
spingersi ancor più internamente nella Cina e si stabilì nella città di
Sciaoceu, città molto più grande di Sciaochin e situata più a nord, il 26
agosto 1589. Qui P. Matteo costruì una nuova dimora e nuova chiesa questa volta
in stile cinese. Anche a Sciaoceu i Padri divennero centro di attrazione per
letterati e mandarini, nei quali P. Matteo vedeva i futuri diffusori della Fede
Cristiana. Perciò bisognava giungere a Pechino e all'Imperatore. Per realizzare
questo sogno era necessario adattarsi agli usi e costumi locali, disfarsi del
nome, dell'abito di bonzo, che suscitava tanti sospetti nei cinesi. In un primo
momento, per far capire che era un uomo di religione, P. Matteo si vestì come i
monaci buddisti, ma si rese subito conto che questi vivevano ai margini della
società e non influivano molto nel tessuto sociale dell'ambiente cinese. Un
importante mandarino di Sciaoceu dovendo recarsi a Pechino per una riunione del
Consiglio di guerra, invitò P. Matteo ad accompagnarlo per curare suo figlio
intellettivamente menomato. P. Matteo accettò con gioia e, abbandonati gli
abiti monacensi, indossò le solenni
vesti di "letterato", si fece crescere la barba e partì. Il viaggio
fu assai avventuroso e P. Matteo si salvò da un naufragio per miracolo.
Scendendo il Fiume Azzurro il 31 maggio 1595 giunsero a Nanchino, ma a causa
della guerra tra Cina e Giappone e per non compromettere definitivamente con
una espulsione per spionaggio la sua missione in Cina, non proseguì il viaggio
per Pechino, lasciò Nanchino e stabilì a Nanciam la sua terza residenza il 28
giugno 1595. Anche qui la sua fama di uomo molto strano si diffuse rapidamente.
Fu ricevuto più volte dal Vice Re, strinse amicizia con i magistrati della
città e fu accolto con ammirazione in una Accademia di letterati dove si
discuteva di filosofia e di morale. Entrò in relazione con numerosi nobili, tra
i quali Loan e Kienan, che si rivelarono molto utili per la sua missione.
Dopo quattro anni di
permanenza a Nanciam, P. Matteo ebbe l'occasione di giungere a Pechino, per
poter dire di aver finalmente fondata la sua missione in Cina. Su invito del
Ministro dei Riti, il 25 giugno 1598, P. Matteo partì da Nanciam diretto a Pechino.
Ancora una volta dopo un viaggio molto pericoloso, il 5 settembre 1598, giunse
a Pechino, ma a causa della guerra
cino-giapponese, per evitare ulteriori disgrazie, fece ritorno a Nanchino, dove
giunse il 6 febbraio 1599 e vi stabilì la sua quarta residenza. Accolto con
grandi onori, P. Matteo ricevette visite da numerosi letterati, ministri e
nobili; qui iniziò a dare regolari lezioni di scienze a quanti accorrevano per
frequentare la sua scuola. Così i Cinesi vennero a contatto con la scienza
occidentale e per la prima volta sentirono parlare della teoria copernicana,
del numero e della vastità dei continenti e videro sfere, globi, orologi,
quadranti, mappe; tutte cose sconosciute fino allora in Cina. Queste importanti
scoperte scientifiche fecero crollare molte loro certezze e molti giunsero a
dubitare delle loro dottrine religiose. Ai primi del 1600 giunsero le prime
conversioni, ma P. Matteo aveva ben chiara la necessità di giungere a Pechino,
sede dell'Imperatore per introdurre stabilmente il Cristianesimo in Cina: per
questo, dopo essersi fatto inviare da Macao numerosi doni, con molte
raccomandazioni da aprte dei suoi influenti amici di Nanciam, il 19 maggio
1600, in compagnia di P. Pantoja e di due fratelli cinesi, si mise di nuovo in
viaggio per Pechino. Ma durante il tragitto incappò nel Governatore del
Tientsin, Mattan, che invaghitosi dei doni che P. Matteo aveva con sé, lo fece
mettere in prigione insieme ai suoi compagni. Vi rimase sei mesi, fino a quando
l'Imperatore si ricordò di un memoriale inoltratogli, dove si parlava di un
forestiero che doveva consegnargli una campana che suonava da sola e un
orologio. L'Imperatore Uan-Li della dinastia dei Ming (1573-1620) diede ordine
al Governatore di liberare i Padri, che scortati dalle guardie imperiali,
entrarono finalmente in Pechino, il 24 gennaio 1601 e il giorno successivo
offrirono i doni all'Imperatore che li trattò come ospiti insigni, dando loro
il permesso di rimanere a Pechino e di costruirvi una Chiesa a spese
dell'erario pubblico. Finalmente P. Matteo poté affermare che miracolosamente
al sua Missione era fondata. P. Matteo fu considerato come un grande dottore e
i più insigni mandarini lo trattavano alla pari e molti si professavano suoi
discepoli. Queste importanti relazioni agevolarono notevolmente l'opera di
evangelizzazione di P. Matteo Ricci che, il 21 settembre 1601, impartì il primo
battesimo al nobile letterato Li, chiamato Paolo. Poi fu la volta di Siù Coam
Cchi, il famoso Dottor Paolo, futuro cancelliere dell'Impero, che P. Matteo
definì colonna della Chiesa in Cina.
Negli anni successivi P.
Matteo consolidò la presenza cristiana nelle sue residenze cinesi, aumentando
considerevolmente le comunità cristiane in un tempo così breve da superare ogni
più ottimistica previsione, vedendo in ciò l'intervento miracoloso della
"potentissima mano dell'Altissimo". P. Matteo si dedicò allo studio
sempre più approfondito della lingua cinese e all'attività letteraria per avere
un'influenza sempre maggiore sui dotti tra i quali principalmente esercitava il
suo apostolato. Scrisse numerose opere
di stile scientifico e umanistico e importanti opere di carattere religioso in
lingua cinese. Nel maggio 1610 (il 3) si ammalò gravemente e il giorno 11 alla
sera P. Matteo morì nella residenza missionaria di Pechino e per la prima volta
nella storia della Cina, l'Imperatore Uan-Li concesse un terreno per la
sepoltura.